Cassazione: no a un licenziamento per insussistenza del fatto

La Corte di Cassazione con ordinanza n. 23747 del 4 settembre si è pronunciata sulla legittimità di un licenziamento. 

Confermate le pronunce dei Tribunali in primo e secondo grado.

I fatti.

Il dipendente era stato licenziato perché durante un periodo di assenza dal lavoro per malattia era stato visto a lavorare al bar di sua proprietà. 

La contestazione datoriale si fondava sul presupposto che il lavoratore avesse utilizzato la mano infortunata per lo svolgimento delle diverse attività lavorative, sia leggere che pesanti, contribuendo ad aggravare il proprio stato di salute e a compromettere il rientro a lavoro.
  
In primo grado il Tribunale di Cosenza aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento per insussistenza del fatto. La pronuncia veniva poi confermata anche in Appello.

Il licenziamento non era legittimo e le attività  svolte erano da considerarsi prive di rilevanza. Non dovevano essere considerate tali da compromettere il rientro in servizio né la guarigione del dipendente.

Il parere della Cassazione.
“Al datore di lavoro spetta l’onere di dimostrare “le circostanze oggettive e soggettive imputabili al dipendente potendo queste configurare una violazione degli obblighi di diligenza e buona fede sussistenti tra le parti” scrivono gli Ermellini.

“Come emerso dalle immagini di videosorveglianza le attività svolte dal dipendente presso il bar non configurano alcuna illiceità”. 
 “Attività del tutto “insignificanti” compiute a distanza di circa sette mesi dall’infortunio e a pochi giorni dalla fine dell’inabilità”” conclude la Corte.

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